COLPO DI PETTINE, IL FALCO O L'ANGELO BIONDO, MOLTI SONO I SOPRANNOMI DI UN CICLISTA CHE HA FATTO LA STORIA DI QUESTO SPORT, ESSENDO DI FATTO IL PRIMO STRANIERO A VINCERE IL GIRO D'ITALIA NEL 1950. IL DIAVOLO E L'ACQUA SANTA, IL PEDALI E LE DONNE, UNA FIGURA RICCA DI FASCINO E INQUIETUDINE, UNA STORIA DA RACCONTARE.
Peverelli non vede Coppi passare, scarta di lato, l'airone è a terra. Risultato: Coppi si spezza il bacino in tre punti. Un avversario in meno per Hugo Koblet , ma ne sono certo, avrebbe vinto lo stesso. L’ angelo biondo nasce a Zurigo, 21 marzo 1925 e prima di correre in bici faceva l’ argentiere , era allergico agli acidi e quindi smise , vinse poche gare , ma che rimangono impresse nella memoria. Questa storia inizia con un rifiuto per gli acidi , ma quando Koblet sale in bicicletta, sono gli avvversari ad essere allergici a lui, perchè è un predestinato. Hugo Koblet era nato al numero 3 della Hildestrasse, situata in un vasto quartiere popolare di Zurigo. I genitori gestivano una piccola apprezzata panetteria, e Hugo, il più giovane della famiglia, era addetto alla consegna del pane. Si fece i muscoli percorrendo ogni giorno decine di km per diventare ben presto uno fra gli allievi emergenti del Velo Club regionale. Nel 1943 vinse, da dilettante, la sua prima gara. Passò quindi fra i professionisti e nel 1947 si aggiudicò la prima tappa del Giro di Svizzera, la Zurigo-Siebnen, staccando di prepotenza Coppi, Bartali, Kübler e altri affermati campioni. Si mise poi in vista come passista conquistandosi la considerazione degli osservatori più attenti. Gopf Weilenmann gli pronosticò un sicuro avvenire e lo segnalò a Learco Guerra, che per il Giro d'Italia 1950 aveva deciso di fare il direttore di una squadra ciclistica che portasse il suo cognome. La frase che fece tremare il mondo del Ciclismo fu di Learco Guerra, lo scopritore di questo “Angelo Biondo “ : “ Ho trovato chi farà piangere Coppi e Bartali “. Sembrava una battuta di spirito ….Non fu così…..
La
consacrazione dell’ “Angelo Biondo” avvenne al Tour de France
1951, nel quale trionfò alla grande. In quel Tour c'era anche Fausto
Coppi: il "Campionissimo" era però moralmente abbattuto
per la scomparsa del fratello Serse pochi giorni prima in seguito ad
una caduta al Giro del Piemonte, ed aveva preso parte di malavoglia
alla corsa. Nessuno
riesce a star dietro a Koblet quando scatta. E’ normale
che i padroni delle grandi corse a tappe spezzino gli avversari in
salita , molto meno che vengano sbriciolati in pianura : ed è
esattamente quello che fa Koblet , polverizzando il gruppo senza
bisogno che la strada salga . E’
talmente superiore da andarsene quando vuole. Mai nessuno
ha realizzato un’ impresa come la sua fuga solitaria di 135 km
tutti pianeggianti con la quale si assicurò il Tour de France nella
tappa da Brive ad Agen in cui riuscì a guadagnare 3'35" sul
gruppo degli inseguitori, che oltre a Coppi comprendeva altri grandi
campioni come Bartali, Magni, Bobet, Géminiani e Derycke. Arriva al
traguardo e con due soli gesti costruisce la sua leggenda : all’
ultimo chilometro estrae una spugnetta, si pulisce il viso , poi
prende un piccolo pettine dalla tasca e si sistema i capelli biondi.
Come se fosse davanti allo specchio di casa, e si stesse preparando
per un ballo. Le donne
impazziscono per questo ciclista atipico , sempre in ordine e
profumato , sorridente e gentile. Sul suo volto sono assenti le rughe
del dolore : quello , se c’è , gli resta dentro , invisibile.. Gli altri
corridori sono quadri dipinti a tinte forti. La faccia di Bartali
pare vecchia già da giovane, lo sembra mentre gli si avvicina Koblet
e gli chiede da bere , per favore. Ci sono giorni , al Tour , in cui
il sole polverizza tutti i tuoi gregari e anche i campioni possono
rimanere senza portatori d’ acqua . Ma il pio
Gino, forse ricordando l’ umiliazione dell’ anno precedente a
Roma ; o forse perché in bici non c’è spazio per la compassione
ed è lotta tremenda di tutti contro tutti , lascia che Koblet gli
domandi l’ acqua , poi prende la borraccia , ne beve un sorsom,
toglie il tappo e la rovescia a terra. Lo Svizzero
incassa il colpo in silenzio .
E così
arriva il 27 Luglio 1951 , il giorno in cui si decide il Tour de
France già chiuso dal Apollo Biondo….Si corre la cronometro da
Aix-les-Bains a Ginevra sull’ impressionante distanza di 100 km La
rotondità della pedalata ha proporzioni classiche, come se il
corridore fosse scolpito nel marmo. Hugo Koblet parte per ultimo con
la maglia gialla ;davanti a lui c’è Bartoli ,partito parecchi
minuti prima. Koblet è una motocicletta , inizia a intravedere la
sagoma di Ginettaccio e Mentre lo stava per superare, accorgendosi
che Bartali non aveva più borracce con sé, prese la sua ancora
quasi piena e senza uno sguardo la mise nel porta borracce di
Bartali, proseguendo poi irresistibile verso la vittoria . Vi racconto
storie che sembrano favole , ma non sempre hanno un lieto fine , come
in questo caso. “ L’
Apollo d’ Oro “ Nel 1952 andò in Messico e quando tornò in
Europa aveva problemi di respirazione quando si superavano i 2000
metri di altitudine. Nel 1953 tornò a competere tra i migliori al
Giro d'Italia, nel quale giunse secondo battuto da Fausto Coppi, che
sulla salita dello Stelvio realizzò una delle sue più grandi
imprese. Noto è l'episodio relativo a tale Giro. Al terz'ultimo
giorno, nella frazione da Auronzo di Cadore a Bolzano, Koblet in
maglia rosa e Coppi avevano stretto un accordo: il "campionissimo",
riconosciuta la superiorità dello svizzero, gli promise, in cambio
della vittoria di tappa, che non lo avrebbe attaccato nella tappa
dell'indomani, la temibile Bolzano-Bormio . Vinse quel Giro “ L’
Airone “ , Fausto Coppi non rispettò l’ accordo , “Il Falco
Biondo “ va in apnea e piange. Il motore di Koblet non è
piu’ quello di prima . “Forza
Hugo !!” gli grida un amico cronista e lui risponde “ Ma quale
forza , se la forza non c’e. “ Hugo Koblet
:Sempre piu’ personaggio , sempre meno Campione . Hugo cerca
negli affari quello che non trova piu’ nella bicicletta . Iniziano
le liti con la moglie Sonja. Vince poche corse negli anni successivi,
decise quindi Nel 1958 il ritiro dalle corse , ha 33 anni .La sua frase
celebre ricordando il periodo poco vittorioso : “ Mi è rimasto il
pettine, ho perduto anche la spugna”..
Il 2
novembre 1964, all'età di 39 anni, dopo aver tentato un
riavvicinamento con la moglie Sonja , che amava pazzamente, si
schiantò inspiegabilmente con la sua Alfa Romeo contro un albero in
aperta campagna lungo la strada che porta dal villaggio di Esslingen a
Monchaltdorfspirò pochi giorni dopo all'ospedale di Uster senza aver
ripreso conoscenza. Non furono peraltro trovate tracce di frenata . Le emozioni
e i brividi rimarranno come una cicatrice indelebile, tutto genio e sregolatezza, … lui
è Hugo Koblet .
A risentirci:
Giulio Carcereri