40 E NON SENTIRLI
RIPROPONIAMO L'INTERVISTA RILASCIATA DA STEFANO GARZELLI ALLA GAZZETTA DELLO SPORT, MA PRIMA ECCO COSA SCRIVE IL SITO UFFICIALE DEL VARESIO.
Garzelli, chi glielo fa fare?
"Ho ancora grinta e voglia di fare sacrifici. In più voglio dimostrare a me stesso, dopo una stagione per molti versi difficile, dove posso arrivare. Credo di potere fare bene".
Se fosse al Giro, cosa significherebbe fare bene?
"Nelle ambizioni bisogna essere realisti. Una vittoria di tappa per me e la Fantini sarebbe già un grande successo. Poi, qualcuno la snobba, ma io alla maglia del gran premio della montagna punterei ancora. L’ho già vinta nel 2009 e nel 2011, non c’è il due...".
Quella di re degli scalatori che le consegnarono a Milano ha un grande valore, in quanto fu l’ultima verde. Poi la maglia è diventata azzurra.
"Appunto, un motivo in più per vincerla. Così si allarga la collezione".
E se non dovesse fare il Giro?
"Sarei entusiasta di riprovare la Liegi (nel 2002 fini 2° dietro a Bettini, ndr), ma non sarà facile avere l’invito. Magari all’Amstel...".
La Vini Fantini-Selle Italia, invece, quasi sicuramente al Nord sarà al via di Kuurne, Het Nieuwsblad e La Panne. A quando il suo debutto?
"Non è ancora stato deciso. Non ho fatto una inverno di grande preparazione ma ho tutto il tempo per recuperare. Poi da domani ci pensa Basso a tirarmi il collo".
In che senso?
"Ivan viene con la famiglia due settimane a Valencia. Lì si vive da meraviglia. Caldino, niente stress... Come un elisir di lunga vita e forse è anche per questo che sono ancora qui".
Sarà in gruppo per la 17ª stagione. Come è cambiato il ciclismo dal ’97?
"È totalmente differente, è cambiato tutto. Ora il ciclismo è molto più mediatico, più business, più marketing. Dicono sia la mondializzazione, forse anche figlia di questa crisi economica e di una società più globale. Non so se sia meglio o peggio, io però preferivo il ciclismo di prima, quello più europeo. Questo, in cui si corre quasi dodici mesi all’anno, mi sembra più diluito. La gente fa fatica a seguire i suoi beniamini e l’attenzione, invece di crescere, cala".
Claudio Ghisalberti, Gazzetta dello sport.