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martedì 7 maggio 2013

Giro d'Italia, Battaglin vince nella pioggia. Paolini resta rosa, Wiggins perde secondi

Giro d'Italia, Battaglin vince nella pioggia. Paolini resta rosa, Wiggins perde secondi
IL GIOVANE VENETO VINCE IN VOLATA, IN UNA TAPPA CARATTERIZZATA DAL METEO AVVERSO. WIGGO, COINVOLTO IN UNA CADUTA, PERDE 17 SECONDI

SERRA SAN BRUNO - Senti Battaglin, vedi che è nato a Marostica e pensi a Giovanni, che vinse un Giro volando, da 'Aquila', sulle Tre Cime di Lavaredo nel 1981. Stavolta però il protagonista è Enrico: non parente, forse neanche conoscente, chissà... Dettagli, quel che conta è la volata prepotente del giovane veneto, che dà una prima vera svolta alla sua carriera, vincendo la quarta frazione del Giro, l'arrivo non facile a Serra San Bruno, dopo un inizio nei prof forse non in linea con le attese: "Le aspettative erano molte ed ho pagato un po' nel primo anno la pressione. 

Quest'inverno mi sono preparato molto bene, e questa vittoria mi ripaga dei sacrifici. Nel finale sono riuscito a prendere bene le ultime curve, a fare il mio sprint e a vincere. Sono partito lungo. Il lastricato non mi ha aiutato perchè la bici continuava a saltare, sotto guardavo sempre e vedevo che non c'era una ruota dietro di me, lì ho capito che ce l'avevo fatta". Giorno da nuove generazioni che si intrecciano con le vecchie. Se al secondo posto giunge un altro 'enfant' come Fabio Felline, nel finale, sotto un'acqua torrenziale, schiuma tutta la sua proverbiale grinta Danilo Di Luca: con pochi km 'ufficiali' nelle gambe in stagione, uno dei matusa della carovana insieme a Garzelli, piazza una azione racchiusa nel suo volto. Tirato, rabbioso, deluso quando viene soprassato a 300 metri dall'arrivo, voglioso di immediata rivincita appena tagliata la linea. 

Circa i big, stavamo archiviando la giornata senza scossoni. Paolini mantiene la rosa: "L'obiettivo di giornata è stato centrato, dalle salite in poi siamo stati uniti e siamo arrivati qua". Nessun abbuono conquistato (Evans, sesto, è quello che ci va più vicino), nessuna azione particolare: il ritmo regolare del Team Sky sulla seconda salita, una foratura di Nibali che Agnoli ammorbidisce prestandogli la bici (particolare da non sottovalutare, ricordare il contrattempo Scarponi), ma poco altro. Quindi il giallo. Caduta a poco più di un km dal traguardo: giù tre corridori, Wiggins resta in sella ma ne risente cronometricamente. Contrariamente a quanto riservato per chi finisce a terra (Salerno e Garate), la giuria non gli neutralizza il tempo. Opinabile, allora era meglio che andasse lungo? Risultato: diciassette secondi buttati al vento, in un Giro che si presenta serratissimo contrattempo fastidioso per il baronetto. Intanto Nibali lo scavalca per intenderci...

Dunque, in linea con le tappe precedenti, parecchi spunti. Alcuni li offre anche l'inevitabile fuga di giornata Sette uomini al comando. L'intruso è Emanuele Sella un passato da trionfatore di tappe alpine intorbidito da una brutta vicenda doping. Maglia rosa virtuale, stuzzica la Katusha di Paolini a tenere sotto controllo la situazione, evitando che il margine vada oltre gli otto minuti. Con lui i francesi Le Bon, Mourey e Berard, lo spagnolo Minguez, l'olandese Ligthart e la grande novità. Si tratta di Ioannis Tamouridis, il primo greco nella storia del Giro. Il prode JiCheng, la novità cinese della corsa rosa, gli ha fregato senza pietà il ruolo di carneade d'onore. Ed allora il buon Ioannis, che in patria è conosciuto più che altro per l'attività su pista, ha un moto d'orgoglio e prova la sortita. Non gli riesce, al pari degli altri (Minguez l'ultimo a mollare). Speriamo almeno gli frutti il popolo basco: corre infatti per l'Euskaltel che ha interrotto la tradizione 'indigena' aprendo ai non baschi. In pratica, è come se l'Athletic Bilbao di punto in bianco facesse giocare un italiano o un tedesco. Roba da sommossa.

Una volta ripresi i battistrada, tra la salita di Vibo Valentia e quella, più impegnativa di Croce Ferrata, il fatto saliente è lo scatto di Danilo Di Luca. L'unico che gli tiene la ruota è il colombiano Chalapud. Gliela tiene in tutti i sensi, non dandogli mai un cambio se non per fregarli il passaggio sul GPM. L'abruzzese comunque fa tutto da solo, tiene non cedendo neanche quando 'visto' da quello che rimane di un gruppo da tempo orfano di parecchi velocisti. Potrebbe anche farcela, poi spunta un ragazzo di Marostica: non è ancora un'aquila, potrebbe diventarlo.   

di LUIGI PANELLA
Repubblica.it