NON PASSA TAPPA, CITTA', PAESE O CONTRADA CHE ATTRAVERSATA DAL GIRO D'ITALIA NON INNEGGI CON CARTELLI E SCRITTE AL LEGGENDARIO PIRATA DI CESENATICO. IL RICORDO VIVE ANCORA IN TUTTI GLI APPASSIONATI DI CICLISMO E NON SOLO IN QUELLI ITALIANI, MA LA STORIA, IL MITO, LA LEGGENDA DI PANTANI CORRONO PARALLELE ALLE VICENDE DI TONINA, UNA MADRE CHE A NOVE ANNI DALLA SCOMPARSA DEL PROPRIO FIGLIO NON TROVA ANCORA PACE.
Sembra una voce che non troverà mai pace quella di mamma Tonina, nove anni alla ricerca di quella che sembrerebbe, a questo punto, una verità scomoda a molti e quindi inconfessabile. Come tutti sanno la morte sportiva di Pantani coincise anche con l'inizio di quel viatico che si concluse in quel maledetto residence di Rimini e che tolse al ciclismo non solo un grande atleta e sportivo, ma anche un grandissimo uomo. Cortina l'inizio di tutto, ma cosa successe veramente?
Diverse le supposizioni che nel corso degli anni si sono succedute di volta in volta, Pantani personaggio scomodo, politiche di antidoping, scommesse, ma nessuna ha mai sfiorato un certo grado di credibilità e fu mai provata. Poi ecco scoppiare con immane violenza il caso Armstrong, il ciclismo è in ginocchio, numerosi i pentiti pronti a parlare contro il texano, anche i suoi fidi gregari con i quali ha vinse ben sette Tour de France consecutivi. Passerà qualche mese e Lance si vedrà costretto a vuotare i sacco su una comoda poltrona di un hotel a Austin in diretta mondiale. Chiede scusa a tutti, ma Marco non viene nemmeno menzionato. Tra gli interrogatori dei vari pentiti e intercettazioni si verrà a scoprire quanto per Lance, il pirata di Cesenatico, fosse un personaggio scomodo, un'odio viscerale per chi poteva impedire la favola del grande ritorno dopo il calvario del cancro nel 1999. Marco, quell'anno, avrebbe potuto vincere per la seconda volta consecutiva Giro e Tour de France, come fermare il Pirata? Tonina ci parla di questo ipotetico complotto, ma i dubbi rimangono molti e senza concreta risposta:“Fino ad oggi ho sentito solo balle e sono stata circondata da avvocati che hanno giocato sul mio dolore. Marco mi ha sempre detto che è stato lui a rovinarlo, e poi quella maglia che ho trovato."Spiega la signora Tonina alla collega del Messaggero - "Marco mi ha lasciato una missione: capire cosa è successo. Vorrei tappare la bocca a tanta gente, voglio che vengano dette finalmente come sono andate le cose. Marco non è mai stato condannato per doping, lui è stato rimandato a casa perché aveva l’ematocrito alto. Vede, oggi ancora c’è una grande ingiustizia nei confronti di Marco, tante persone lo accusano e lui non può difendersi. Mi chiedo perché si parla e si accusano i morti che non possono più parlare e non si condannano le persone che sono in vita. Per lui abbiamo aperto nel 2006 a Cesenatico un museo e c’è tanta gente che ogni giorno va a visitarlo. Cosa ha lasciato Marco al ciclismo? Tanto. Tutto quello che Marco ha fatto per questo sport lo ha realizzato con amore e passione. Poi ci sono le persone che lo amano. Ogni giorno quando vado da lui al cimitero trovo sempre delle persone che sono passate a fargli un saluto”.“Non conosco Armstrong di persona. Marco tante volte ci ha detto che era stato lui a rovinarlo – le parole della mamma del Pirata - Fatalità, prima gli stava sempre dietro e poi dopo che gli hanno scoperto il cancro è diventato uno scalatore. Poi anche la maglietta che ho ritrovata a casa dice tante cose… Un giorno ho trovato a casa mia una maglietta rosa e sopra Marco aveva scritto questa frase 'La vera ferita è Armstrong ragazzi parlate dobbiamo essere l’esempio per i bambini”. “Sabato è cominciato il Giro? Provo tanta rabbia e nessuna emozione – conclude la mamma del Pirata - Con mio marito abbiamo deciso che non avremmo più seguito il ciclismo professionistico e che ci saremmo dedicati ai giovani. Abbiamo fondato una squadra, la Pantani Corse. Sono tutti ragazzi dai 6 ai 12 anni. Abbiamo scelto loro perché ti danno entusiasmo e sono la parte pulita dello sport. Vorrei che lo sport fosse pulito perché oggi non lo è e non parlo solo del ciclismo. Ho scoperto dopo la morte di Marco che non sono i ragazzi che decidono ma fanno tutto i direttori sportivi. Se poi un ragazzo dice no, viene subito escluso”.