UN GIRO D'ITALIA CHE ANCHE NELLA SUA DICIOTTESIMA TAPPA CONFERMA DUE CERTEZZE: IL MALTEMPO E LA FORZA DI VINCENZO NIBALI CHE VINCE LA CRONOMETRO E CONSOLIDA IN VIA DEFINITIVA LA SUA MAGLIA ROSA. OGGI TAPPA ANNULLATA, DOMANI SI SPERA DI RIPARTIRE CON IL PASSO TRE CROCI.
Sicuro, potente, e bello da vedere. Attento, concentrato, ed elegante sulla bicicletta. Con addosso il suo mantello più prezioso, un completo rosa che finora non aveva mai sfoggiato, Vincenzo Nibali affronta la crono-scalata Mori-Polsa, valida per la 18esima tappa del Giro d’Italia, con portamento regale e il carisma del padrone.
La vittoria tanto attesa arriva nella maniera più bella, in una specialità in cui le forze si misurano in senso assoluto, la cronometro, e sul terreno più difficile, la salita. Vincenzo Nibali parte dal velodromo di Mori con la convinzione di chi sa che al suo Giro d’Italia manca solo una bella vittoria di tappa, un acuto in solitaria, giusto per chiarire, ancora una volta, che il più forte di tutti quest’anno è lui.
Al traguardo, che Vincenzo taglia sotto la pioggia, ma con il pugno al cielo, il siciliano dell’Astana ha 58’’ di vantaggio su Samuel Sanchez, che a lungo aveva accarezzato il sogno della vittoria di tappa, e 1’20’’ su un bravissimo Damiano Caruso, arrivato al Giro un po’ a sorpresa per via del forfait di Basso, ma che di questa Corsa Rosa è stato finora tutt’altro che comparsa. Scarponi, che paga nel finale la pioggia e un inizio di tappa a ritmo forse un po’ troppo alto, è quarto, quindi Majka, che torna in possesso della maglia bianca dei giovani, e Rigoberto Uran, che cede a Nibali 1’26’’.
Lo sconfitto di giornata è sicuramente Cadel Evans, 25esimo sulla Polsa a 2’36’’ dal siciliano dell’Astana: l’australiano della Bmc, che resta secondo nella generale, ora è distante oltre 4’ dalla maglia rosa. Un tempo irrecuperabile, per lui e per tutti gli altri. Perché il Nibali di quest’anno è troppo più forte dei suoi avversari. Il Giro d’Italia è ormai cosa fatta: lo stesso Vincenzo non lo dice, ma lo fa capire con gli occhi. Noi cominciamo a sussurrarlo: in attesa di poterlo gridare in quel a Brescia.