DA QUALCHE GIORNO SI E' APERTO UN ACCESO DIBATTITO CONCERNE LE WILDCARDS DA ASSEGNARE NELL'EDIZIONE 2013 DEL GIRO D'ITALIA. SECONDO CROSETTI, FIRMA DELLA REPUBBLICA, SAREBBE UN CLAMOROSO AUTO-GOL NON INVITARE SQUADRE ITALIANE. ANZI, CIO' POTREBBE COMPORTARE ANCHE LA LORO FINE.
«In un momento non troppo roseo per il nostro ciclismo, anche per la percezione di questo sport agli occhi del pubblico dopo l'ennesimo scandalo, penso non si possa fare troppo i difficili nella composizione delle squadre e nella scelta degli inviti al prossimo Giro d'Italia perché potremmo davvero pentircene nei prossimi anni. Il criterio del merito non può e non deve essere messo in discussione, ma sono convinto che più squadre italiane ci saranno
al via meglio sarà, per quest'anno RCS non dovrebbe essere troppo selettiva nei confronti delle nostre Professional. Quando la situazione migliorerà potremo permetterci il lusso di lasciarne a casa qualcuna, ma oggi il ciclismo italiano non può permettersi di scartare team per cui il Giro è vitale. Dobbiamo ricordarci che non siamo al Tour de France, dobbiamo ricordarci la storia della nostra corsa a tappe più importante e tenere bene a mente il rischio che corrono le nostre formazioni. Le due migliori, riconosciute World Tour, sono a forte rischio acquisizione straniera, mentre quelle Professional rischiano di fare la fine della Acquas&Sapone. Il ciclismo italiano va tutelato, non solo da RCS, perché si rischia di veder scomparire il nostro ciclismo d'elite e a cascata a livello generale tutto il movimento. Già oggi gli sponsor ci pensano due volte, se non di più, prima di investire nel ciclismo figuriamoci se scelgono di mettere dei soldi per una squadra che non può mettersi in mostra nella corsa più importante che abbiamo, sarebbe come chiedere a un'azienda di fare pubblicità a un programma tv che viene oscurato. In più il giro ha un significato nazional popolare da cui non possiamo prescindere. La corsa rosa ha un valore collettivo, di aggregazione non solo a livello sportivo, è un simbolo come pochi del nostro paese, quindi è giusto in quanto italiani sentire un senso di appartenenza. Alla lunga rendere il Giro d'Italia meno nazionale sarebbe un autogol».