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giovedì 9 maggio 2013

A MARGHERITA DI SAVOIA CAVENDISH CONCEDE IL BIS

Giro d'Italia, Cavendish colpisce ancora. Paolini resta in maglia rosa
Dopo Napoli, il britannico vince anche a Margherita di Savoia conquistando la sesta tappa e battendo nuovamente Elia Viviani. Poi sul podio, la pettorina numero 108 per ricordare Weylandt. Non cambia nulla nella generale, ma che brivido per Wiggins: resta coinvolto in una caduta, poi riesce a recuperare



MARGHERITA DI SAVOIA - Gerarchie da sprinter. Seconda volata al Giro, più pura della prima a Napoli per il numero dei partecipanti, ugualmente dura. L'esito è lo stesso: vince Mark Cavendish, Elia Viviani deve ancora accontentarsi del secondo posto, Bouhanni stavolta non sale neanche sul podio e si limita a dividere gli agitati Gavazzi e Hunter, reduci da un corpo a corpo senza esclusione di colpi. La vittoria del favorito non deve però essere accolta come 'normale'. Cavendish se l'è sudata e guadagnata, e con lui la squadra, la Omega Pharma. "Sono felice, i mie compagni hanno fatto un lavoro incredibile, pressochè perfetto". Parole sante del britannico. Trentin e Steegmans sono stati di precisione assoluta nel caricare quella armi letali che sono i polpacci di 'cannonball'. Trentin è il penultimo pilota, poi tocca al passistone: con la sua mole protegge il britannico, che quando esce non lascia scampo e, nel giorno del ricordo del ricordo di Wouter Weylandt, mostra con orgoglio la pettorina 108 che apparteneva al belga.

Finale emozionante in una tappa in cui non doveva succedere nulla, ma che è riuscita ugualmente a fornire spunti. Nel paragrafo sulla fuga di giornata, stavolta non c'è l'intruso: i Sella e i Pirazzi del giorno precedente se ne restano mansueti in gruppo. C'è però l'inopportuno. E' Cameron Wurf, che sacrifica energie preziose all'altare dei riflettori (era stato davanti anche nella tappa di Napoli), invece di destinarle all'assistenza del velocista della Cannondale, Elia Viviani. Niente assoli però, ma una rimpatriata con il connazionale Jack Bobridge. Due australiani in fuga, esponenti di una nazione ormai all'avanguardia. Più moderno Bobridge, non solo per l'età (6 anni in meno) ma per la storia simile a parecchi canguri emergenti: tecnica e malizia affinata come redditizio pistard, argento olimpico nel quartetto, quindi applicazione pratica sulla strada, con undici vittorie, niente male. Controindicazione 'fastidiosa': soffre di artrite reumatoide, per chi va in bici non il massimo... 

Comunque, una bella chiacchierata tra amici e poco più. La fuga ovviamente non va in porto, ma si tratta di piccolezze se paragonate alla 'vera' notizia del giorno. Non ci sono Cavendish o Viviani che tengano, milioni di cuori sono affranti per una febbre: un perfido virus ha tolto di mezzo Ji Cheng, il cinese al Giro. Avevamo lasciato un protagonista, più o meno aspirante al ruolo, verso Matera, fido luogotenente del vincitore Degenkolb e star di media dagli occhi a mandorla e di Repubblica.it. Ritroviamo un freddo comunicato della Argos Shimano che ne riporta le scarne sensazioni: "Nei primi giorni di corsa mi sono sentito molto bene, in particolare dopo la vittoria ottenuta da John Degenkolb. Mi sono sentito male durante la notte, è veramente dura abbandonare questa splendida corsa, sono molto deluso". Ji Cheng aveva sbandierato ai quattro venti di essere specialista nel cucinare il pollo alla Coca Cola. A questo punto sorgono dubbi sulla natura dell'indisposizione...

Ma facciamoci coraggio e torniamo alla corsa. Luca Paolini resta leader, ed è molto bella la sosta in corso di gara, dove lo attende Paolo Bettini: i due si abbracciano nel ricordo di Franco Ballerini. Rosa mantenuta quindi, sembra superfluo dirlo per un giorno da trasferimento, meno superfluo analizzando gli episodi. C'è tanto sale, e non tanto per le Saline di Margherita di Savoia, le più grandi d'Europa, quanto per le cadute. Una in particolare potrebbe aver innervosito ulteriormente Bradley Wiggins, 'intruppato' in fondo, dove era finito per una foratura, a causa di una maxi caduta. Wiggo si trova un minuto dietro Nibali e Hesjedal, e quando la Katusha inizia una tirata forsennata quanto breve, viene quasi da pensare ad una svolta clamorosa. Una volta, con l'applicazione selvaggia delle regole della strada, forse sarebbe stato così. Stavolta, in nome del nuovo - un po' ipocrita - fair play del ciclismo moderno, tutto rientra nella norma. Si va dunque allo spint a ranghi compatti. Chi fa da solo cercando qua e la le ruote importanti, che organizza al treno, chi unisce le due cose: Mark Cavendish, appunto.
di LUIGI PANELLA  Repubblica